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Editoriali | Marco Musella | 04 Dicembre 2017
Non profit e impresa modello efficiente
Non profit e impresa modello efficiente

La riforma del Terzo settore è stata molto importante e positiva, ma è ancora tutta da completare: mancano, infatti, circa 40 decreti attuativi. Il bicchiere però è mezzo pieno, perché si è aperta l’opportunità – per le imprese sociali e le altre organizzazioni non profit – di godere di un quadro normativo più di favore rispetto al passato. In sostanza al Terzo settore è stato riconosciuto non solo il suo valore sociale, ma anche quello economico e produttivo, di modello utile, proficuo ed efficiente: è una realtà che ha molto da dire sul tema delle disuguaglianze, dell’economia circolare e delle nuove tecnologie, in una prospettiva di sviluppo dal volto umano che sa valorizzare, proprio grazie alle tecnologie, meglio e di più le fragilità. Però vanno ancora sciolti molti nodi sui benefici fiscali, manca una chiarezza sul confine tra Terzo settore produttivo e non e ci sono alcune incoerenze anche tra i diversi decreti.
Il decreto ne ha ampliato il campo di azione, sono stati introdotti spunti per regolamentarla meglio e soprattutto ha previsto un Fondo per la promozione e lo sviluppo delle imprese sociali. Inoltre quest’anno il ministero dello Sviluppo economico ha stanziato 223 milioni di euro a supporto dell’economia sociale per l’erogazione di finanziamenti agevolati a sostegno dei programmi di investimento di imprese sociali, cooperative sociali e società cooperative con qualifica di onlus. Al di là della recente norma, poi, una nuova strada è rappresentata anche dalle start up innovative a vocazione sociale. Direi che è abbastanza diffuso. Purtroppo, però, non siamo in grado di quantificarlo in modo preciso perché esiste una grossa carenza di dati: ci sono diverse fonti, più o meno affidabili, e comunque quasi sempre su segmenti specifici. Realtà come Isnet o Iris Network stanno cercando di colmare questa lacuna, provando a costruire banche dati più affidabili e aggiornate. Anche per questo il nostro nuovo rapporto uscirà nel 2018. Finora, comunque, il fenomeno dell’impresa sociale non ha fatto registrare cifre da capogiro in Italia, ancora meno al Sud; ciò anche a causa dei limiti della legislazione del 2005/2006. Luigi Bobba, sottosegretario al Lavoro, ha parlato di un settore che impiega oltre 540mila persone e genera più di 10 miliardi di euro in termini di valore annuo della produzione.
In Italia un ruolo fondamentale e innovativo è stato giocato sin dal 1991 dalle cooperative sociali di tipo B, quelle che si occupano di inserimento lavorativo delle persone svantaggiate: esse sono la dimostrazione vivente che è possibile costituire forme di impresa capaci di produrre beni o servizi valorizzando nello stesso tempo le persone, ivi comprese quelle con disabilità. È una buona prassi che andrebbe potenziata, soprattutto nel Mezzogiorno, dove non sono ancora molto sviluppate, perché trasforma un “problema” in una risorsa del sistema produttivo, evitando anche, o comunque riducendo significativamente, i costi dell’assistenza.

dalla rivista "SuperAbile INAIL"

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