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Editoriali | Gabriella Noto | 13 Dicembre 2017
Spreco alimentare economia e sociale
Spreco alimentare economia e sociale

Secondo la FAO l’ 11% per cento della popolazione globale soffre la fame: 815 milioni di persone nel mondo sono impossibilitate a procurarsi cibo a sufficienza, di questi 155 milioni sono bambini al di sotto dei cinque anni di età e 66 milioni bambini in età scolare. In Italia il 7% delle famiglie è in stato di povertà assoluta cioè di grave deprivazione materiale. Dolorosamente a questi dati si contrappone una stima di 670 milioni di tonnellate di cibo sprecate solo nei paesi industrializzati (dati FAO 2015, indagine Global Food Losses e Food Waste). Nell’attuale contesto globale, in cui la corsa all’accaparramento delle risorse alimenta conflitti disastrosi in tutto il mondo, voler approfondire i temi del contrasto allo spreco alimentare e del ri-uso delle risorse significa impegnarsi nello sforzo di teorizzare un sistema più attento ai bisogni degli individui e dell’ambiente.
Nel libro “Il contrasto allo spreco alimentare tra economia sociale ed economia circolare”, edito da Giappichelli, per la Collana “Welfare, economia sociale e sviluppo” gli autori, Marco Musella, e Fabio Verneau, dell’ Università Federico II di Napoli, coadiuvati da un gruppo di ricercatori, da anni attivi nella ricerca in Economia Sociale e da Paolo Arrigoni della Qui Foundation, si sono cimentati con questi temi, tentando lo sforzo di collocarli nei rigorosi canoni della scienza economica.   Gli autori si pongono il fine di rappresentare un’osmosi e un ritorno dall’economia circolare all’economia sociale (concetti di cui si sostiene l’irriducibilità a sinonimi), che avverrebbe quando al processo di recupero di derrate alimentari commestibili ma non più vendibili, si accompagna la finalità sociale di garantire l’accesso al cibo, a coloro che, poiché indigenti, sono esclusi dai meccanismi tradizionali dello scambio di mercato Luogo di osservazione del fenomeno è il centro storico della città di Napoli. Nel difficile tentativo di analizzare la realtà cittadina, intercettando i luoghi ed i momenti di spreco della risorsa “cibo”, autori e coautori hanno provveduto a realizzare interviste, distribuire questionari, incontrare gestori di ristoranti e bar, responsabili e utenti di mense, associazioni attive sul territorio nella distribuzione di pasti ad homeless e bisognosi. Dietro i dati statistici, emerge immediatamente all’occhio del lettore il sottosuolo discreto e nascosto di una città che si attiva, dal basso, con solidarietà, nella lotta alla fame e alla povertà. Le mense cittadine della città di Napoli distribuiscono settimanalmente circa 7.000 pasti e si basano sul generoso lavoro dei volontari. La ricerca raccoglie le testimonianze degli operatori delle mense che raccontano allarmati di una situazione socio economica in continuo degrado; i nuovi poveri continuano ad  aumentare e sono soprattutto stranieri, disoccupati, padri separati. Nel contrasto alla fame gli autori rapportano con chiarezza la mancanza di vera circolarità. Le risorse alimentari fornite alle mense di medie e grandi dimensioni, avvengono per lo più grazie a rifornimenti provenienti da importanti partner privati o attraverso collette alimentari e donazioni. Siamo di fronte quindi, ad un processo di economia sociale che solo in minima parte deriva dall’offerta di risorse recuperate secondo un approccio “circolare”.
Il cibo continua ad essere sprecato, e solo una piccola quota di alimenti ancora ottimi dal punto di vista igienico e organolettico, vengono salvati dalla discarica. Come sottolineano gli autori, la complessità delle norme giuridiche che regolano la conservazione e la distribuzione di alimenti, la mancanza di conoscenza del problema e di sensibilizzazione rendono scarsa la creazione di una circolazione del cibo invenduto. A questo si aggiunge la difficoltà, per le strutture assistenziali di grandi dimensioni, di impiegare tempo ed energie in questo nuovo tipo di approvvigionamento; ormai organizzate in un certo modo, sono restie a cambiare i propri protocolli di intervento. In questo senso, un efficace cambiamento potrà avvenire anche grazie all’entrata in vigore della Legge “Gadda” n. 166/2016 la quale attraverso un articolato sistema di semplificazione burocratica e di incentivi fiscali per i donatori di derrate alimentari a beneficio di organizzazioni di Terzo Settore, si pone come obiettivo primario il contrasto allo spreco alimentare. Allarmante leggere i parametri che illustrano dettagliatamente cosa si spreca quando il cibo finisce nella pattumiera. Con i 7.000 quintali di cibo che viene sprecato dagli esercizi di ristorazione di ogni tipo della città di Napoli, vengono annientati 1,5 milioni di metri cubi d’acqua e prodotte 1.000 tonnellate di CO2.Sarebbe utilissimo che ricerche del genere fossero spinte dall’opinione pubblica sui tavoli dove viene deciso il destino delle nazioni, ricordando ai potenti che ci governano che un cambio di rotta, virtuoso e solidale è drammaticamente urgente in nome della pace, del rispetto dell’ambiente e dell’umanità che abita la terra.

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