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Editoriali | Maria Santoro | 26 Marzo 2018
Dispersione scolastica e gap sociale
Dispersione scolastica e gap sociale

La gravità e l’entità che il fenomeno della dispersione scolastica ha assunto soprattutto nelle regioni del meridione d’Italia, contraddistinte da un quadro di maggiore difficoltà e disagio socio-economico rispetto a quelle settentrionali (Pil più contenuto, maggiori tassi di criminalità, disagio sociale diffuso, tassi di disoccupazione più elevati e minori livelli occupazionali), richiede un'approfondita riflessione sulle politiche da attivare per arginarlo. In particolare si dovrebbe porre attenzione soprattutto (ma non solo) sulle “cause esterne” al contesto scolastico formativo che attengono alla sfera personale, familiare e all’ambiente socio-culturale e socio-economico di appartenenza dell’individuo. Politiche volte a valorizzare le differenze, nella consapevolezza che una visione troppo  rigida e limitante dell'uguaglianza, che non tenga conto della diversità dei punti di  partenza, possa avere come esito quello di rinforzare le disuguaglianze iniziale o  addirittura di peggiorarle.

Nel processo di sviluppo delle politiche per l’istruzione si è creduto che garantire il diritto allo studio, estendendo l’istruzione alla totalità della popolazione, fosse uno strumento sufficiente per promuovere la conoscenza e garantire pari opportunità tra i cittadini. Tale ragionamento si è dimostrato, tuttavia, fallace: l’istruzione gratuita e garantita non ha fornito le medesime chance di successo a tutti, ma queste risultano invece essere fortemente influenzate dall’ambiente in cui il bambino nasce, e cresce, ben prima dell’età scolare.

A partire da queste considerazioni, occorrono interventi preventivi per contrastare il fenomeno dell’abbandono scolastico, nella consapevolezza che adeguate politiche pubbliche (in particolare educative, per la famiglia, l’infanzia e l’adolescenza), possano ridurre in modo significativo le differenti condizioni di partenza degli individui, differenze che rendono iniquo e inefficiente  il sistema istruzione, restringendo lo spazio delle loro capacità. Come afferma la Commissione Europea nel 2006 “Un sistema equo assicura che gli effetti dell’istruzione e della formazione siano indipendenti da fattori socio-economici”. Lo stesso concetto di equità definisce, in un certo senso, non solo uno stato di cose, ma un "moltiplicatore", cioè le conseguenze che le disuguaglianze educative possono avere sulla distribuzione delle ricompense sociali, rinforzando i privilegi o, al contrario, impedendo ai potenziali migliori di progredire soltanto perché segnati da una condizione di partenza svantaggiata. Pertanto, per garantire un sistema istruzione più equo, oltre che efficiente, occorre consentire a ciascuno pari opportunità d’accesso a funzionamenti di vita di valore, attraverso interventi che tengano conto delle differenti condizioni individuali, sociali, culturali ed economiche di partenza delle persone.

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