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Editoriali | Daniele Marrama | 28 Novembre 2017
Fondazione B.Napoli sociale da divulgare
Fondazione B.Napoli sociale da divulgare

Sarà perché sin da subito abbiamo provato a cambiare registro scegliendo di non trincerarci dietro la storica istituzionalità ma di parlare al territorio, o forse sarà stato perché volevamo aprire le porte della Fondazione Banco Napoli alla città: di certo “comunicare” era diventata una necessità da cui non potevamo prescindere. E tra le tante cose da voler raccontare c’era anche la rivoluzione che era in atto nel concetto di dono e solidarietà che stavamo vivendo e in cui volevamo coinvolgere il nostro network. La Fondazione Banco Napoli ha da sempre sostenuto, come è da antica tradizione, le iniziative più lodevoli a sostegno della realtà locale e non solo. Ma la spinta al dono è diventata per noi un’impellenza non più personalistica: ma una sorta di onda che doveva contagiare in modo progressivo tutto il Meridione. Ognuno doveva iniziare a prendere parte a questo processo. Ed in questa ottica di evoluzione non ci sfuggiva che tale spinta dovesse passare anche attraverso la comunicazione. Sapevamo che l’immenso patrimonio che portavamo con noi poteva essere seppur prestigioso, pur sempre un fardello per le nuove sfide da affrontare. Ma la scommessa era proprio questa: fare quello che da sempre avevamo fatto in una chiave diversa, proiettandoci verso il futuro. E così senza alcuno snobismo culturale abbiamo fatto nostri i mezzi di oggi. Protagonista di questa rivoluzione è stata la piattaforma di crowdfunding Meridonare e da lì come in un effetto domino tutto ciò che ne è conseguito. Il fine ultimo delle nostre azioni permane, mutano le modalità al passo con i tempi. Oggi abbiamo scelto di “raccontare” la filantropia, mostrando tutti quei contesti in cui, attraverso Meridonare, essa opera. La spinta al dono, oggi, passa anche dalla comunicazione, attraverso la costruzione di un buon storytelling o di una campagna social, elementi che hanno la funzione fondamentale di creare un contatto con il donatore e accompagnarlo in un percorso di fiducia che, lentamente, si instaura con l’ente. Tutto ciò che vogliamo fare è raccontare al donatore una storia, una storia vera; la storia del progetto che si vuole realizzare, dei suoi promotori, del suo contesto territoriale e sociale, dei suoi benefici. Il racconto contribuisce a farlo immedesimare fino a sentirsi vicino alla mission del progetto perché appartenente allo stesso territorio o, magari, perché dedicato ad importanti scopi sociali, vicini all’utente per esperienze dirette o indirette. Ma sopra ogni cosa, il racconto dei principali step di avanzamento del progetto contribuiscono a far sentire l’utente realmente “parte” della campagna di crowdfunding: il miglior modo per ringraziarlo, una volta realizzato il progetto, è mostrarglielo e renderlo partecipe di un qualcosa che è diventato realtà anche grazie al suo contributo. In questo i social network, la loro immediatezza e il grado di empatia che riescono a creare con gli utenti, risultano essere un ottimo strumento di comunicazione e, soprattutto, lo è il racconto quotidiano e continuativo dell’andamento delle campagne di crowdfunding, dei progetti che vengono realizzati, delle persone che vi sono dietro e chiedono alla “crowd” un aiuto. Tali strumenti infatti, nel loro essere simulacro delle conversazioni vis à vis, abbattono molte barriere e rendono più fruibile la condivisione di contenuti contribuendo, così, all’accrescere del cosiddetto “passaparola”. Proprio per questo la nostra, verrebbe da dire, è una comunità allargata con cui quotidianamente interagiamo e a cui ci riferiamo.

 

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